Il monologo interiore come tecnica narrativa
Fin dai tempi dei grandi autori antichi esiste la tecnica narrativa del monologo interiore: a partire da Omero, Virgilio, Ovidio fino ad arrivare a Virginia Woolf, James Joyce e Marcel Proust.
Analizziamo insieme questa strategia che permette di raccontare la vita interiore del personaggio!
Che cos’è il monologo interiore
Il monologo interiore è una strategia che, in narrativa, permette di raccontare la vita interiore dei personaggi. Si tratta di un discorso introspettivo che il personaggio fa tra sé, oppure un dialogo in cui il protagonista è scisso in due e si dà botta e risposta.
Nello specifico:
- consente di esprimere i pensieri del personaggio in modo che siano liberi da vincoli di tipo stilistico e logica;
- fornisce al lettore l’opportunità unica di entrare nella mente dei protagonisti della storia;
- permette di comprendere al meglio sentimenti, preoccupazioni e pensieri più intimi;
- coinvolge e fa sentire più vicini al personaggio, dei quali comprendiamo meglio le sfumature di carattere;
- crea un senso di intimità tra il personaggio e il lettore, che si sente coinvolto nella narrazione.
Si tratta di tecniche che hanno da sempre un posto di primo piano anche nella cinematografia e nel teatro.
In generale, i pensieri dei personaggi vengono riportati attraverso diverse modalità:
- tramite il discorso diretto libero;
- con la mediazione di un narratore esterno;
- senza verbi introduttivi e senza le virgolette.
Ad ogni modo, qualsiasi sia la scelta stilistica che l’autore utilizza, il monologo interiore rappresenta un’indagine profonda delle emozioni del personaggio che permette di entrare nei suoi pensieri e comprenderne i conflitti interiori.
Caratteristiche principali
Per costruire un monologo interiore efficace, è importante conoscere alcune costanti che lo caratterizzano e seguire alcuni accorgimenti specifici. Tra queste, principalmente:
- frasi brevi, ripetizioni per esprimere le emozioni in modo più intenso;
- ellissi, ovvero l’omissione di parole o frasi che possono essere sottintese dal contesto, per creare un effetto di realismo.
- utilizzo della prima persona singolare o plurale;
- tempi al presente, passato prossimo o infinito;
- pensieri e ragionamenti espressi con un linguaggio spontaneo e colloquiale, tipico del parlato.
Essenziale, inoltre, da parte dell’autore, conoscere bene il personaggio che si sta rappresentando.
Il personaggio va studiato e costruito a fondo, solo così sarà possibile per tramite una comprensione profonda dei suoi pensieri, delle sue emozioni e motivazioni. Solo in questo modo è infatti possibile restituirne in modo credibile la voce interiore.
Occorre inoltre sottolineare che non esiste un’unica regola per rendere il monologo interiore di un personaggio. Tutto dipende, infatti dalla creatività e dallo stile personale dell’autore.
Infine, da parte del lettore, riconoscere un monologo interiore tra le pagine del libro che si sta sfogliando implica la ricerca di alcuni indizi linguistici quali:
- uso della prima persona singolare
- verbi al presente o al passato prossimo
- inserimento di espressioni colloquiali o dialettali.
Come scrivere un monologo interiore
Quando si progetta la scrittura di un monologo interiore, l’obiettivo da porsi deve essere quello di riuscire coinvolgere il lettore.
Per catturare il pubblico è necessario
- conoscere al meglio il proprio personaggio: per poterlo illustrare è necessario averne chiari i pensieri, il carattere, la personalità, il background, le motivazioni. A questo fine, durante la stesura, si può provare a diventare il personaggio stesso vestendone i panni come i migliori attori;
- mostrare la crescita: un ottimo modo per illustrare lo sviluppo personale del protagonista è quello di comunicarlo attraverso i pensieri. I monologhi interiori rappresentano bene questo evolversi, esplicitando la crescita dei protagonisti;
- utilizzare il linguaggio visivo: mostrare quello che vive il protagonista, oltre che riportare pensieri e le emozioni a parole. Tutto ciò è utile a vivacizzare il testo e a mantenere alta la concentrazione del pubblico;
- rimanere coerenti: il modo di pensare del personaggio deve riflettere la sua personalità, non contraddirla. Se si ha, ad esempio a che fare, con un soggetto rigido e severo, sarebbe strano sentirlo ragionare tra sé in modo tranquillo e sereno;
- trovare un equilibrio: dosare bene i momenti introspettivi del romanzo con le scene più dinamiche, per non rallentare eccessivamente la narrazione.
Esempi pratici
Chiudiamo con una carrellata di celebri esempi di monologo interiore.
Tra i più popolari:
- Virginia Woolf in “Mrs. Dalloway”: che cosa significa la vita, pensò. Ecco la domanda. Per un momento si sentì risucchiata in un vortice di terrore. La morte era la fine di tutto; non c’era nulla dopo la morte. Sì, ma la vita, cosa era la vita?;
- William Shakespeare in “Amleto”: essere o non essere, questo è il dilemma. Che cosa devo fare? Sono oppresso dal peso della mia situazione…
- Alessandro Manzoni nei “Promessi Sposi”: addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana!
Come abbiamo visto insieme, il monologo interiore è una strategia narrativa fondamentale che permette di raccontare la vita interiore dei personaggi. I pensieri vengono riportati in modo diretto, di modo che il lettore possa comprenderne ragioni e sentimenti, empatizzando con loro e rimanendo coinvolto nella loro storia.