Buzz Marketing: cos’è e come generare passaparola online efficace
Il Buzz Marketing è una strategia di comunicazione che mira a generare passaparola e conversazioni spontanee attorno a un brand, un prodotto o una campagna.
Sempre più aziende, sia grandi che piccole, lo integrano nel proprio piano di digital marketing per creare attenzione, stimolare la curiosità e ottenere la diffusione dei propri messaggi.
L’obiettivo è semplice ma potente: far parlare di sé, sfruttando le dinamiche emotive, sociali e psicologiche che spingono le persone a condividere contenuti con la propria rete. Quando ben orchestrato, il buzz marketing non solo aumenta la brand awareness, ma può contribuire ad accrescere il traffico, l’engagement e persino le conversioni.
In un mondo dominato dai social media e dalla velocità dell’informazione, creare il giusto “buzz” attorno a un’idea o a un’esperienza può determinare il successo (o l’insuccesso) di una campagna pubblicitaria.
In questo articolo scoprirai cos’è il buzz marketing, da dove nasce, come funziona e quali sono le leve più efficaci per utilizzarlo nel tuo progetto di comunicazione.
Che cos’è il Buzz Marketing
- generare interesse e curiosità;
- far veicolare il messaggio pubblicitario dai consumatori stessi;
- promuovere visibilità, notizie ed appeal;
- aumentare la consapevolezza del marchio.
- grande attenzione ai dettagli;
- pianificazione accurata;
- coerenza con la personalità del marchio;
- forte sui social media.
Poi il compito, seppur inconscio, di diffondere il messaggio spetta a loro.
Un po’ di storia: le origini del Buzz Marketing
Il concetto di Buzz Marketing non nasce con i social media, ma affonda le sue radici ben prima dell’era digitale.
Già negli anni ’80 e ’90, alcune campagne pubblicitarie cercavano di suscitare curiosità e discussione attraverso tecniche non convenzionali, spesso basate su messaggi provocatori o eventi sorprendenti capaci di attirare l’attenzione dei media e del pubblico.
Il termine “buzz” – che in inglese richiama il ronzio di un’ape – viene usato per descrivere il fermento di voci e opinioni che si genera attorno a un contenuto interessante.
A sistematizzare il concetto in ambito marketing è stato Mark Hughes, autore del libro Buzzmarketing: Get People to Talk About Your Stuff, pubblicato nel 2005.
Hughes identificava sei elementi chiave per generare buzz: tabù, argomenti insoliti, celebrità, segreti, umorismo e shock.
Con l’avvento dei social network, il buzz marketing ha trovato terreno fertile per evolversi.
Oggi, grazie alla diffusione istantanea dei contenuti online, un’idea può diventare virale in poche ore e raggiungere milioni di utenti, rendendo il buzz una leva fondamentale per chi opera nel campo del digital advertising e del brand positioning.
Come e perché il Buzz Marketing funziona
- meccanismi fiduciari: da sempre la fiducia viene innanzitutto riposta nella propria cerchia di familiari, amici e conoscenti. E con loro, infatti, che si condividono gusti, opinioni, esperienze, etc;
- desiderio di affiliazione, ovvero il desiderio di sentirsi accettati dalle proprie cerchie più prossime. In questo senso, ci si sente in dovere di essere in grado di discutere ed esprimere idee su argomenti e hot topic del momento;
- effetti di rete: ogni giorno il consumatore medio è raggiunto da oltre 5mila messaggi pubblicitari o contenuti di brand. In questa confusione di voci, e con le risorse attentive limitate di ciascuno, è inevitabile fare selezione e per farlo si tende ad utilizzare l’influenza esercitata da persone che si conoscono realmente;
Come strutturare una campagna ottimale
- trigger inaspettato e strano, qualcosa che giochi a creare suspense e aspettative, ispiri e risulti divertente, ironico o polemico, sia in grado di rompere un tabù, tenda ad attirare attenzione e a far parlare la gente ed alimenti la conversazione sul brand o sul prodotto;
- giusto tempismo: prestare attenzione alla cronaca e riuscire a inserirsi nel flusso degli argomenti di giornata è uno dei modi più rapidi per attirare l’attenzione dei media e non solo;
- target corretto: non è quasi mai semplice identificare da dove e come cominci il passaparola. Di certo, in termini di facilità di propagazione, rivolgersi a influencer, opinion leader e trend setter aumenta le probabilità che il proprio messaggio abbia ampia diffusione, visibilità e raggiunga una certa massa critica;
- obiettivi strategici, che possono essere anche molto diversi tra loro: si può sfruttare il passaparola in fase di lancio di un nuovo prodotto o per gestire una crisi aziendale e reintegrare il marketing. Ad ogni modo, è sempre necessario misurare i risultati e, per farlo, stabilire a priori metriche e indicatori ad hoc.
Esempi pratici
- Apple: la sua strategia di comunicazione, a partire dal lancio del primo Macintosh fino ad arrivare alla presentazione dell’ultimo modello di iPhone ha sempre fatto ricorso a teaser e leak con lo scopo di incuriosire gli utenti.
- Starbucks: la sua immagine viene ricollegata a un’esperienza senza eguali che ha come componenti principali il poter restare seduti nelle caffetterie della catena tutto il tempo che si vuole, il poter utilizzare Wi-Fi e cavi di alimentazione per gli smartphone quando serve studiare o lavorare smart e così via. Di certo, questa promozione del brand è stata confermata e rafforzata nel tempo dai racconti e dal passaparola dei clienti abituali.
- Mini Cooper: per promuovere uno speciale finanziamento per l’acquisto di un modello d’auto nelle festività natalizie del 2019, il brand ideò una campagna ad hoc ad Amsterdam. Nello specifico, degli scatoloni che sembravano contenere un modellino vennero piazzati in diversi punti del centro. La gente iniziò a domandarsi cosa potessero contenere realmente e così si riuscì a creare molta curiosità ed attenzione sul marchio.